Dopo l’esperienza estiva allo Sponz Fest di Vinicio Capossela è tornato in Italia Micah P.Hinson che abbiamo visto e ascoltato nel secondo dei cinque appuntamenti di questo nuovo tour.
Impossibile separare l’artista dalla sua storia privata, fatta di eccessi, sfortune e diverse rinascite, tutte concentrate nel flok-blues del cantautore del Tennessee.
Il concerto può essere sostanzialmente diviso in due parti: la prima poetica, con un pubblico in religioso silenzio ad ascoltare quest’uomo dalla voce country che canta e suona con un intensità di un uomo di 50 e più anni nonostante ne abbia solo 38.
La storia personale, il vissuto di Micah, qui danno il loro meglio, diventano emozione e capacità di emozionare.
Folk, country e blues si mescolano nelle melodie e la voce di Hinson sembra l’unica possibile per completarle e raccontare la storia che è al loro interno.
Nella seconda parte invece l’artista soccombe un po’ al personaggio: qualche errore, qualche distrazione e un maggior ricorso al parlato, per altro quasi mai nel microfono.
Ma Micah P.Hinson è anche questo.
Sigaretta d’ordinanza sempre accesa in bocca, qualcosa di non meglio precisato da bere e un paziente Alessandro “Asso” Stefana al suo fianco: gli ingredienti per lasciarsi un po’ (forse troppo) andare ci sono tutti.
E per chiudere il cerchio tra Asso, grande collaboratore di Capossela, lo Sponz Fest e Micah P.Hinson arriva un brano scritto dal cantautore americano proprio in occasione della sua ultima visita in Italia e dell’incontro con Vinicio.
(Spoiler: si, l’influenza di Capossela, soprattutto quello di Da Solo, si sente)
Nel complesso uno show godibile, soprattutto per chi conosce meno Micah e il suo mondo musicale e personale.
Sicuramente i fan storici avrebbero preferito più artista e meno personaggio, ma come per tutti i grandi autori difficile avere uno senza dover “sopportare” l’altro.
Le prossime date:
12.11 – Torino @Hiroshima Mon Amour
13.11 – Ravenna @Bronson
14.11 – Livorno @The Cage
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Nato a Sesto San Giovanni ma con sangue 100% “made in sud” nella settimana in cui primeggiava in classifica “Carletto” di Corrado. Suonava benino il pianoforte, ora malissimo la chitarra
Cresciuto a Battisti, Battiato e Renato Zero, sviluppa una passione per i cantautori che ancora lo accompagna.
Al liceo scopre il punk e lo ska e abbandona un’adolescenza tamarra, il passaggio al rock è una normale evoluzione. Spotify gli spalanca le porte dell’Indie, parola che in ogni caso odia.